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PROFESSIONE PEDAGOGISTA

Nei pensieri le parole, nelle parole le azioni concrete

Nelle professioni di aiuto è molto importante saper utilizzare il linguaggio della mediazione e della negoziazione di significati.

È una competenza che il Pedagogista deve acquisire con molta solerzia. Perché?

Perché nel linguaggio è implicitamente connesso il pensiero che generiamo nel trattare le problematiche e il disagio a tutti i livelli.

Le parole che esamineremo oggi, per riflettere sulla valenza in ambito  professionale e personale, sono: sapienza, saggezza e saccenza. Parole scontate, dite? O forse state pensando che sono parole obsolete, superate dal progresso schizofrenico della tecnologia. Probabilmente starete anche considerando che oggi nel mondo di Wikipedia e della conoscenza distribuita, libera e opensource non hanno più alcun valore semantico o funzionale alle varie professioni.

In questo breve scritto condividerò con voi la mia posizione sull’argomento, invitandovi a riflettere mettendo in relazione questi concetti con le vostre esperienze di studio, di vita professionale e/o personale.

Cosa facciamo appena arriva alla nostra mente un nuovo termine o fenomeno? Basta un clic. La sequenza motoria e cognitiva con cui ci apprestiamo a effettuare la ricerca è ormai automatizzata: lo facciamo in modo naturale e spontaneo.

Tra gli aspetti positivi e incrementivi vi è sicuramente il fatto che tutti noi siamo preparati, o meglio, sappiamo padroneggiare contenuti che prima d’ora erano un retaggio e prerogativa degli esperti nella disciplina inerente il concetto. Insomma potremmo definirci dei buoni conoscitori. La conseguenza è che il fenomeno della conoscenza allargata, condivisa e distribuita ha fatto sì che ognuno di noi possa, nel concreto, autogestire le proprie conoscenze per affrontare le situazioni più disparate: da quelle medico-cliniche, a quelle tecniche, farmacologiche, culinarie, linguistiche, meccaniche ed estetiche. Non sai come cambiare una ruota alla tua auto? Semplice! Il web ti offre una serie di modalità di apprendimento, anche interattive, per imparare: dal video-modeling (guarda come si fa e impara), ai podcast dedicati (file audio digitale distribuito attraverso Internet e fruibile su un computer o su un lettore MP3), alla lettura delle fasi di lavoro. Contestualmente potrebbe arrivarti un link che ti offre l’opportunità di acquistare on line gli attrezzi che ti occorrono al miglior prezzo sul mercato. Geniale! È il miracolo che ci aspettavamo tutti dal progresso e dalla scienza!

Ma di che tipo di conoscenza si tratta? Che cosa sappiamo fare con l’immensità delle informazioni e conoscenze acquisite? Siamo davvero in grado di padroneggiare TUTTI i tipi di conoscenza? Intendo dire, la conoscenza acquisita da autodidatta è efficace e funzionale all’applicazione dei concetti (come quelli medici) nella pratica quotidiana? Se sì, a che livello di profondità è in grado di fornirci supporto e risoluzione, anche parziale, dei problemi?

Addentriamoci nei termini.

Sapienza:Dal lat. sapĭens -entis, propr. p. pres. di sapĕre ‘aver sapore; essere saggio’ (DATA sec. XIII) deriva il termine “sapienza”. Ricchezza di dottrina e di capacità spirituali, con prevalente riferimento all’universalismo del mondo antico e alla concezione ebraica e cristiana delle virtù morali e dell’essenza stessa di Dio.

Dalla lettura della definizione estrapolata dal dizionario Devoto-Oli possiamo immediatamente comprendere come questo termine “sapienza” si connoti in modo diverso da quello di saggezza.

Sapiente è chi “ha un sapore”, una qualità ben definita dalle conoscenze, dalle capacità spirituali, oserei dire, valoriali (e per questo non afferenti a qualcosa di materiale e carnale) e morali, dalle capacità di giudizio, strategiche e intellettive, dalle capacità personologiche di esseresapiente già per natura. Perché Salomone era considerato un Re sapiente e saggio?

Intanto egli cercò prima di tutto alleanze, più che le guerre ed è noto storicamente, filosoficamente e religiosamente per le capacità di dominare le forze agenti sul mondo terreno e ultraterreno. La sua natura esercitata attraverso le azioni diventò saggezza. Leggenda, mito o storia?

Qui non interessa molto darci una risposta su Salomone, quanto invece capire come e perché nella storia o leggenda sia stato definito chi era sapiente. La sapienza è una caratteristica innatae, al contempo, acquisita, approfonditache fa parte dell’essere in sé, senza costruzioni artificiali. Sapiente è chi sa scegliere tra più possibilità facendo una disamina accurata. Chi sa discernere ciò che è bene e che è male con ogni mezzo o strumento di conoscenza sociale e culturale. Sapiente è chi sa fare di un ramo una lancia o un fuoco per cacciare le belve nella notte. E proprio questo siamo stati. Dalla sapienza veniamo. Ma dove stiamo andando?

La realtà di oggi è una realtà multisfaccettata, complessa, liquida, virtuale, aumentata, costruita artificiosamente che mette alla prova quotidianamente la nostra capacità di sapere e di scegliere di essere sapienti.

Saggezza: deriva dall’etimo francese antico saggio , dal lat. *sapium , der. di sapĕre‘esser saggio’. DATA metà sec. XIV (Devoto-Oli). È dunque la qualità di chinell’agire e nel pensare e parlare dimostra prudenza, comprensione, moderazione, conoscenza ed esperienza della vita. È proprio di chi è esperto nella propria arte, abile, capace.

Dai sinonimi si può cogliere tutte le altre sfumature di significato: come aggettivo e sostantivo, saggio è chi èresponsabile, accorto, assennato, avveduto, giudizioso, oculato, ponderato, sensato, savio; maestro, esperto, sapiente, dottosia nell’agire e nel parlare, dimostrando prudenza, comprensione, moderazione, conoscenza ed esperienza della vita.

Infatti, un tempo i saggi si distinguevano per età cronologica, per bagaglio esperenziale e spessore culturale. Il vecchio saggio viveva da dentro la realtà e con i propri mezzi mentali si confrontava con altre persone per scegliere se offrire e mettere al servizio la propria saggezza con grande senso di responsabilità.

Ciò che oggi ci troviamo a fare è sostare a testa bassa sul web, sui social network e spiare, controbattere, guardare, criticare e anche osare giudizi spregevoli e fini a se stessi. Non sempre c’è conoscenza autentica, confronto e pensiero divergente, né tanto meno margine di scelta consapevole. Spesso convergiamo, ci amalgamiamo cercando approvazione e visibilità, notorietà al di là della sostanza delle parole che rappresentano quella dei nostri pensieri. O si cerca di monetizzare rincorrendo un modello di ricchezza esteriore ed effimera, quanto celere e aleatoria. Un gioco d’azzardo continuo e vorticoso che ci fa sentire in potere di influenzare le vite degli altri e conquistarci il primo posto nell’universo, anzi nel Metaverso.

Ma se siamo così informati e avviluppati nella conoscenza del web, perché dunque si parla di analfabetismo di ritorno? Perché diverse ricerche accreditate stanno dimostrando che ci stiamo istupidendo? Cos’è che offusca le menti? E soprattutto, se abbiamo compreso che non stiamo andando nella giusta direzione perché ci siamo arenati nella stupidità tiktokkiana? Perché non riusciamo a elevare il nostro spirito e le nostre menti portando la nostra intelligenza a livelli superiori di benesistenza(mio neologismo)?

Rinvio alla lettura dell’articolo che segue al link sotto e invito a proseguire la lettura tirando un bel respiro, ma non di sollievo, ma di coraggio.

https://www.focus.it/cultura/curiosita/e-vero-che-stiamo-diventando-tutti-piu-stupidi

È Aristotele nell’Etica Nicomachea che opera una chiara distinzione tra saggezza e sapienza.

  • la saggezza è “una disposizione vera, accompagnata da ragionamento, che dirige l’agire e concerne le cose che per l’uomo sono buone e cattive” (Aristotele, Etica Nicomachea, VI, 5, 1140 b, 4-6 );
  • la sapienza come “scienza delle realtà che sono più degne di pregio, coronata dall’intelligenza dei supremi principi” (Aristotele, op. cit. VI, 6, 1140 b 17-20)

Un tempo gli antichi hanno iniziato a istruirsi e acculturarsi filosofando. Per riscattarsi dall’ignoranza: so di non sapere e per questo continuo a ricercare e a domandare, chiedere, sulla scia di Socrate.

Sapere per cercare di star bene in società e con se stessi conquistandosi la propria felicità e libertà: diventare saggi.

E oggi? Perché non ci rendiamo conto che siamo diventati schiavi del consumismo? Siamo moneta pagante a tamburo battente. Non abbiamo valore potenziale umano, ma solo economico e finanziario: potere di acquisto. Il divario tra ricchezza e povertà si apre sempre di più.

Ed eccoci giunti all’apice delle nostre riflessioni.

La Saccenteria(nella registrazione lessicografica della storia della nostra lingua, e non saccenza ) derivato da saccente: il suo etimo deriva da lat. sapĭens -entis, p. pres. di sapĕre‘esser saggio’, con esito meridionale. DATI 1306 (Devoto-Oli). Saccente è chi ostenta in modo irritante un’erudizione o una cultura più presunta che reale. È un sapere polarizzato al negativo perché non è finalizzato ad una azione giudiziosa ed etica, ma è diretta a mostrare in vetrina una quantità innumerevole di conoscenze.

Dal Vocabolario Treccani, saccenteria ha il significato di “essere saccente; ostentazione noiosa e irritante della propria erudizione, delle proprie cognizioni, spesso superficiali e, talvolta, solo presunte”(Vocabolario Treccani et altri dizionari sincronici).

Che cosa accade dunque oggi?

Riprendendo nuovamente Socrate nel paradosso del “sapere di non sapere”, che lo spingeva nella consapevolezza di alimentare la propria curiosità verso la verità mai definitiva, chiusa, arrivata e desiderio di conoscere nuove prospettive, oggi accade che tutti sanno tutto, tutti sanno di tutti, diventando tuttologi nella convinzione di poter anche sostituirsi a chi sa di non sapere, fondando la propria azione sullo studio scientifico e sul sapere situato.

Gli effetti di una cultura impazzita e arrogante, mai umile sta dando evidenti riscontrisociologici, culturali, pedagogici ed educativi molto rischiosi.

Le nuove generazioni hanno menti vicariate dagli strumenti tecnologici che si sostituiscono a figure un tempo generative. Sì, perché generavano crescita e maturazione, civiltà e progresso.

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A che punto siamo nell’evoluzione della specie umana? Siamo ancora in grado di conservare la posizione eretta, chiave di volta nellungo percorso che ci ha portato da Homo Erectus a riconoscerci come Homo Sapiens Sapiens?

Il rischio di una virata verso l’Homo Arcuatus (mio neologismo) lo stiamo correndo sulla via della saccenza e della presunzione di sapere tutto di tutti e di salvarci da soli.

https://images.app.goo.gl/vL8em1Cddswp8LPw9

https://www.ilcambiamento.it/articoli/diventeremo-tutti-zombie-con-il-cellulare-in-mano

Una sera di estate ho deciso di vedere il film “So tutto di te”, una commediadi luglio 2023 scritta, diretta, sceneggiatae interpretata da Roberto Lipari con Leo Gullotta e Roberta Rigano. In apparenza un film leggero e popolare, in sostanza una vera occasione proficua per una visione interessata e metariflessiva.

Il messaggio attraverso cui chiudo questa riflessione sulle parole è che come Homo Sapiens Sapiens abbiamo le ultime occasioni per mettere a frutto la nostra capacità di scelta: dobbiamo decidere noi in prima persona con un atto di coraggio. A chi non piace muovere i fili della vita degli altri come il puparo del film?“Ma a noi ci è stata data la capacità di scegliere e se non la sappiamo usare questa capacità ci sarà sempre un altro a decidere per noi a tener i fili della vita”.

Questo è il messaggio pedagogico ed educativo che intendo lanciare affinché ogni conoscenza competente ed esperta possa essere al servizio della società e del progresso, quello che mira al benessere di tutti e di tutto l’universo.

Noi siamo la nostra capacità di scegliere: cogito ergo eligo.

Dr.ssa Pedagogista Maria Grazia Paglialunga

30/08/2023

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