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Nei pensieri le parole, nelle parole le azioni concrete

Nelle relazioni di aiuto, tra cui rientrano quelle del Pedagogista, dell’educatore e dell’insegnante a
ogni livello, vi sono delle parole che vale la pena di tenere sempre in grande considerazione.
Perché io credo che attraverso il linguaggio, espressione pura di pensiero e di azione cognitiva,

si definiscono le nostre intenzioni e attività concrete professionali. Sono due parole che mi è capitato
di ascoltare in un corso di formazione ABA con lo psicologo Matteo Corbo su “L’insegnamento
delle abilità sociali e lo sviluppo delle autonomie personali nei casi di Autismo e nei bisogni
educativi speciali”. Il corso si prefiggeva la finalità di supportare concretamente insegnanti,
educatori, terapisti, genitori, logopedisti, ecc. per l’applicazione di programmi di intervento, volti
all’acquisizione di comportamenti funzionali a favorire lo sviluppo delle autonomie personali e
l’interazione sociale.
Ascoltare le parole di Matteo è stato come aver vissuto una sorta di proiezione: entravano dritte
nella mia testa incontrando già la mia preparazione bruneriana e tutto il backgroud personale e
professionale. Le condivido con voi perché assieme possiamo tenere alto il profilo qualitativo di
ogni tipo di intervento di aiuto, supporto o trattamento.
Ci sono due parole nella lingua italiana in apparenza molto lontane tra loro e diverse: esse
riguardano il riconoscere e il riconoscersi in un oggetto-metafora come il “pentolino di Antonino”.
Tutti abbiamo un pentolino che ci trasciniamo con tanta fatica e sacrificio. E incontrare chi ci
riconosce in modo congruente ed empatico è un grande dono e la più bella esperienza che
possiamo fare.

Una parola è MISERABILE, meno bella di quella che segue (dal Devoto-Oli: “Che provoca
desolazione, avvilimento, compassione materiale o spirituale; che denota miseria, povertà,
squallore”).
L’altra è densa di significato, e non mi riferisco a quello religioso, ed è bellissima:
MISERICORDIOSO.
Esse conservano la stessa radice: MISER. Vi sono delle espressioni gergali che richiamano spesso
questa radice, quando sentiamo dire: “Che miserie!”. Stiamo giudicando, dando una definizione
alle difficoltà e agli ostacoli dell’esistenza.
Come educatori, pedagogisti, terapisti, insegnanti, coach abbiamo il dovere di scegliere le parole.
Quelle che fondano le nostre azioni e ci rendono “generativi”, “promotori”, “potenziatori” del
“potenziale di azione ontologica” di ogni essere umano.
Basta scegliere quale parola-concetto agito usare nella relazione di aiuto nelle fasi di
riconoscimento del problema, identificazione, comprensione, problem solving.
La consapevolezza che abbiamo delle povertà, delle mancanze, delle miserie è il primo passo verso
l’autenticità, tanto sostenuta da Carl Rogers. MISER_ c’è sempre, che siamo miseri e, che io
INSEGNANTE e te, abbiamo i pentolini questo è sicuro; che siamo fragili e che possiamo aiutarci è
vero. Ma io insegnante, educatore, pedagogista posso diventare abile nel farti notare i tuoi e i
miei pentolini e allora sono miser-abile nel mondo del pensiero (pregiudico ciò che credo sia);

sono abile nel farti notare le miserie dell’umanità. Dove mi porterà questo agito? Quali sono i
traguardi di sviluppo che vorrò raggiungere?
Analizziamo MISER-ICORDIA (Dal lat. miserĭcors -cordis, comp. del tema di miserēri ‘aver
compassione’ e cor cordis ‘cuore’): da un lato, c’è la parola che più utilizziamo per cose brutte
“Miser”, e dall’altro c’è “cuore” “cordia”. Cosa c’entra la miseria con il cuore? Sta a indicare
proprio ciò che mi sta a cuore, le modalità di comprensione mettendoci empatia (gr. en ‘dentro’ e
-pátheia ‘-patia’), ci metto il pathos senza giudicare né colpevolizzare. Ma comprendo e valorizzo
una miseria per farla diventare un punto di forza. Avere a cuore la propria miseria e quella degli
altri vuol dire anche provare tenerezza e, al contempo, gioia nel riuscire a “far superare”.
Solo se ho a cuore questo posso aiutare veramente e generare cambiamento profondo…

Dr.ssa Pedagogista Maria Grazia Paglialunga

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