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Bullismo

Il bullismo è un fenomeno complesso, che viene troppo spesso chiamato in causa erroneamente perché pare rappresentare dalla più banale marachella a veri e propri atti di teppismo.

Il termine deriva dall’inglese Bulling ossia, fare il bullo, usare prepotenze contro i più deboli e si manifesta esattamente come il mobbing negli ambienti di lavoro degli adulti.

Affinché si possa parlare di bullismo è necessario che l’atto del bullo (o più spesso del gruppo), sia intenzionale, persistente nel tempo ed all’interno di una relazione asimmetrica (forte-debole, grande-piccolo, carnefice-vittima)-

Si parla quindi erroneamente di bullismo quando un ragazzo più grande, ruba a scuola i soldi per la merenda di uno che frequenta una classe inferiore, mentre è adeguato il concetto se questo atteggiamento accade ogni  mattina.

Il bullismo può essere diretto od indiretto; nel primo caso possiamo osservare attività di tipo fisico che consistono in colpi, calci, spinte e tutti i tipi di molestie possibili, compresa quella sessuale; per entrambi i casi invece possiamo osservare modalità: verbali, psicologiche ed elettroniche. Prendere in giro, isolare, minacciare, fare in modo che questi comportamenti vengano perpetuati anche dagli altri, sono tutte forme di bullismo più silenziose, ma non meno gravi.

Gli episodi di prepotenza si manifestano con modalità più o meno precise ed inequivocabili, il bullismo più frequente tra i maschi è quello diretto, contraddistinto da comportamenti aggressivi e prepotenti visibili. Il bullismo indiretto, punta più sul piano psicologico (tipico nella prevaricazione femminile) esso è un disturbo comportamentale meno evidente, e quindi più difficile da individuare. Un ruolo importante lo assumono gli spettatori silenziosi o sostenitori del bullo. Dato che la maggior parte degli episodi di bullismo avviene in presenza del gruppo dei coetanei, ed è proprio la maggioranza silenziosa che costituisce l’appiglio sulla quale fare leva per ridurre la portata del fenomeno.

Poiché è un fenomeno ancora in via di studio, non è facile delineare chiaramente la personalità del tipico “bullo” e quella naturalmente della vittima. In generale si può affermare che il primo è senz’altro aggressivo e spesso questo comportamento è evidente anche in contesti diversi da quello scolastico e dai compagni di scuola più deboli. Si osserva spesso un forte bisogno di dominare gli altri e questo può farli apparire sicuri di sé ed impulsivi, anche se in realtà alcune azioni possono essere ben premeditate e l’atteggiamento stesso nascondere un profondo senso di vuoto od insicurezza, mal gestiti.

Hanno difficoltà a rispettare le regole ma sono esigenti su quelle poste da loro.

Solitamente sono persone dotate fisicamente e ben inserite nei contesti sportivi anche agonistici.

Molti autori suggeriscono che abbiano un’intelligenza piuttosto acuta e questo lo si carpisce dalla capacità di trarre vantaggio da ogni situazione e di trarsi d’impaccio nelle situazioni più difficili; probabilmente questo acume, un’intensa energia, modelli educativi carenti o deviati, portano poi alla messa in atto sistematica di un comportamento che porta senz’altro molti vantaggi, dalla conseguenza diretta del bullismo alla popolarità che molto spesso suscitano.

Non si mostrano ansiosi, ma non significa che non lo siano e l’atteggiamento deviato potrebbe proprio manifestarsi come forma di fronteggiamento inadeguata e sproporzionata.

Come accennato, anche la vittima ha delle proprie caratteristiche: si tratta spesso di un soggetto evidentemente insicura ed ansiosa, spesso fisicamente esile, cauta, silenziosa, sensibile. La vittima può chiudersi in se stessa o piangere, raramente ha il coraggio di chiedere aiuto ed è per questo che viene designata. Sarebbe quindi bello poter affermare: il bullo ha scelto casualmente la sua vittima, ma in realtà ci sono delle caratteristiche, magari di buona educazione semplicemente, che vengono viste come debolezza e, una volta innescato il meccanismo vessatorio, si autoalimenta in un circolo vizioso.

Il trattamento

Naturalmente è necessario lavorare con il ragazzo, la scuola e la famiglia in maniera parallela; è importante utilizzare un approccio comportamentale e direttivo, ma anche educativo.

La metodologia e le modalità da adottare sono la collaborazione tra insegnanti ed esperto che interviene in classe. Ma anche la famiglia ha un ruolo importante, in quanto esso sono dei modelli di vita da seguire, in quanto essi sono promotori di modalità adeguate di avvicinamento verso l’altro, affinché l’esempio possa essere acquisito e diventare uno stile di vita per i ragazzi.

Autore: Dr.ssa Sara Ginanneschi
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

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